Giosy racconta... Don Giosy
V puntata
GIOSY racconta… DON GIOSY
5a puntata
1966 – ’67 – ’68…
Il ’68 oggi sembra mettere paura perché ci si riferisce alle manifestazioni socio-politiche-universitarie-ecclesiali che mettevano in discussione le Istituzioni.
I passaggi storici si sentono sulla pelle, rimbalzano nella mente, creano novità attese e insieme ansia e inquietudini. Anche dentro un giovane Seminarista di Teologia che, già di suo ha dentro un… sessantotto(!!), potete immaginare quale “frullato” si agitava nell’aula di scuola, nel rapporto con gli Educatori, con i Vescovi delle varie Diocesi presenti al Seminario Regionale. Nella nostra mente di giovani c’era una accelerazione sempre imprevedibile ed eravamo convinti di avere ragione perché, nel fondo dell’anima e della ricerca, sentivamo una grande passione quasi a voler creare un nuovo mondo e quindi anche una novità nostra nell’essere prete.
I nostri Prof. e i cosiddetti “Superiori”, furono veramente in gamba a …frenare, dialogare, incontrarsi e scontrarsi con noi, aprire e chiudere, dire i no e i sì opportuni, a inquietarsi e calmarsi. Ricordo un incontro con tutti i Vescovi: erano venuti con la buona volontà di dialogare, dentro di noi, invece, c’era solo una strategia di attacco per ottenere aperture nuove. Ma anche i Vescovi erano sorpresi da questa verde stagione bella ma piena di ritmi nuovi sconosciuti e quindi da leggere solo con la scienza di Dio: lo Spirito.
Per fortuna, Dio o il Vaticano, mandarono un uomo venuto da molto vicino, già dentro il Seminario da sempre: il nostro Prof. di scienze e matematica diventò Rettore del Seminario: Mons. Dante Bernini. Un uomo umile e spiritualmente irraggiungibile per noi. Ci sentimmo amati e illuminati da una mente Conciliare che era già oltre di noi, nel nostro futuro: era credibile. Il clima cambiò, si rasserenò. I dialoghi vennero portati sulla profondità spirituale dove tutte le persone possono incontrarsi. Attendevamo tutti il giovedì perché la Messa la celebrava don Dante e le sue omelie erano davvero il pane buono per nutrire e sedare le nostre agitazioni. Lo definirei, avendoli conosciuti tutti e due, un Don Tonino Bello, come ho sempre trovato in Don Tonino Bello un Don Dante Bernini.
In quegli anni ci furono i passaggi attraverso le tappe del cammino verso il Sacerdozio: il Lettorato, l’Esorcistato, l’Accolitato… Ogni volta sapevo che non erano scelte definitive, ma sapevo anche che mi impegnavano con Cristo e con la nostra Chiesa.
Se oggi penso a tutte le ore passate sui banchi della Scuola Teologica e sulla scrivania nei pomeriggi, mi sembra di ricordare molto poco. Ma poi mi accorgo di essere stato umanamente e spiritualmente plasmato da educatori saggi e buoni dei quali ho un ricordo indimenticabile.
In quegli anni si iniziava ad andare in una Parrocchia di Viterbo a fare esperienza pastorale. Avrei voluto fare tanto con i bambini e i giovani… quasi volevo convertirli come fossi io… il nuovo Giovanni Battista. Ma mi accorgevo di non riuscire a tradurre per loro il mio pensiero cristiano-educativo. Il mio linguaggio era scolastico, non… attaccava. Quei bravi ragazzi mi fecero capire che dovevo studiare i linguaggi della loro generazione e trasmettere non un Gesù con la cravatta (come fece qualcuno pensando che questo fosse modernità!.), ma un Dio vissuto che unisce vita e religione, vita e preghiera, vita e moralità. Mi è rimasta da allora una grande passione per i linguaggi e, dovunque sono stato nel mondo, ho sempre cercato di capire e apprendere i loro modi di esprimere la vita nelle sue espressioni più profonde. Ho letto libri di poeti importanti, ascoltato musiche e racconti nei villaggi africani, mi sono nutrito di occhi, di colori nel vestire, di sopravvivenza e di lusso, di dittature e di democrazie. Bella una definizione a Cuba quando chiesi sul famoso lungomare dell’Avana a una ragazza:”Che cos’è la dittatura di Fidel?”. Lei rispose:”E’ come seminare il mare”. Non nasce nulla. E’ il nulla! Che linguaggio forte!!.
Nella Parrocchia della Verità, c’era un Parroco al quale ho voluto un gran bene che lui mi ricambiava come a un figlio: Don Giovanni Scacchi. (Spero non sia ricordato solo perché poi ha lasciato il Sacerdozio, ma soprattutto per il bene che, per tanti anni, ha fatto in quella grande Comunità).
1969!! che anno…
A giugno terminavo il penultimo anno di Teologia ed era programmata per agosto l’Ordinazione del Suddiaconato, durante la quale si doveva fare la scelta del Celibato e della Verginità per tutta la vita.
Fu programmata per la fine di agosto. Era un passaggio molto importante e quasi una scelta, direi, di Matrimonio, di sposarsi per sempre con Cristo, con la Chiesa, con l’umanità.
Che bella estate!!.. Ma con il Signore e la nostra Madre Maria Vergine, tutto è possibile…